domenica 25 agosto 2013

La rivoluzione del 1647 ad Atena tra falsi miti e verità storica



Nell'introduzione alla storia medievale di Paolo Delogu (Il Mulino, Bologna, 1994, p.107) si legge: ''La storia si fa con le fonti. Questo assioma fondamentale vuol dire che il passato può essere conosciuto e ricostruito soltanto attraverso le testimonianze di esso che sono pervenute a noi.''  In ausilio a Delogu anche Marc Bloch, autore di una interessante opera (che consiglio vivamente di leggere a chi vuole argomentare seriamente di storia), Apologia della Storia o mestiere di Storico, (Torino, Einaudi, 1998, p. 44) argomenta sull'importanza delle fonti e sulla loro determinante condizione che esse pongono per fare un quadro completo della scena che si vuole trattare: '' Come prima caratteristica, la conoscenza di tutti i fatti umani nel passato, nella maggior parte di essi nel presente, ha quella di essere una conoscenza per tracce... Che cosa intendiamo, in effetti, con documenti, se non una traccia, quanto a dire il segno percepibile ai sensi che ha lasciato un fenomeno in sè stesso impossibile a cogliersi?''
Mi viene da sorridere quando leggo le esposizioni o ancora peggio le ''interpretazioni'' di alcuni fatti avvenuti intorno al 1647.  Sorrido perchè si vuole negare l'evidenza e la si vuole negare perchè non si conoscono le fonti necessarie per ricostruire quegli agitati anni, incolpando addirittura il silenzio degli storici, antichi e moderni. Secondo queste interpretazioni, addirittura, si nega una sommossa o rivolta da parte degli atinati verso i padroni di quest'antica terra di Atena: i principi Caracciolo. 
All'avvento dei Caracciolo, il medievale castello, posto sulla sommità dell'abitato, era piuttosto messo male, se alle parole di Paolo Eterni, storico del '600, si vuol credere: ''...sulla sua cima più alta fu edificato un castello hora diruto...''. I Caracciolo, dunque, una volta acquistata la Terra di Atena si ritrovarono senza una dimora, con un castello diruto e una situazione piuttosto drammatica da sanare. Nel 1561, infatti, un terribile terremoto devastò Atena e il comprensorio, arrecando danni al già compromesso castello. Sicuramente anche altri terremoti (come quello del 1456 e 1550) contribuirono a danneggiare il maniero così i Caracciolo furono costretti ad abbandonare l'idea di un suo recupero ed edificare un palazzo al di fuori dell'antica cinta muraria medievale. Il palazzo fu fatto edificare da Giambattista Caracciolo, marchese di Brienza e signore di Sasso, nel 1568, con materiale ricavato dal diroccato castello che ''ispianò per fare altri suoi edifizi''. A dimostrare la prova inconfutabile dell'erezione della dimora da parte di Giambattista Caracciolo è un'epigrafe inedita (e dimenticata ahimè) sulla quale sono riportate le seguenti parole: 

SED  PNS PALATIUM EDIFICARI F ILL D I BAPTA CARACCIOLUS MAR BURGET ET D TRE SASSI A D 1568

(L'Illustre Signor Marchese di Brienza e Signore della Terra del Sasso fece edificare questo palazzo presente nell'anno del Signore 1568)





(particolare dell'epigrafe)

Il prestigio della famiglia Caracciolo aumentò quando tra i suoi antichi titoli nobiliari acquisì anche quello di principe ''sobra su tierra de Atena' nel 1637. Il principe Giuseppe Caracciolo, figlio di Diana Caracciolo, viene descritto da Giovanni Cassandro come ''un esoso tipo di signorotto ignorante e violento''.
E qui veniamo ai fatti che ci interessano più da vicino. 
Nel 1647 la popolazione civile della città di Napoli insorse contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte dai governanti sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio del 1647 fu: ''Viva 'o rRe 'e Spagna, mora 'o malgoverno'' .
Ad Atena, invece, i conflitti con il principe erano presenti già da tempo ma il focolaio dell'insurrezione napoletana si fece strada anche nelle realtà di provincia, dove il popolo oberato da tasse e usurpazioni si vide privato delle funzioni amministrative dell'Università con le relative entrate pubbliche, l'imposizione di servitù personali e di tributi a vantaggio diretto del feudatario e il monopolio di determinate attività specialmente commerciali e l'esercizio violento ed arbitrario dei poteri giurisdizionali. Nel settembre del 1647, aggravata inoltre anche l'insurrezione a Napoli, il palazzo del principe di Atena fu saccheggiato e spogliato della suppellettile e le terre di proprietà del signore furono sfruttate senza pagare il consueto censo. A difesa del palazzo principesco sicuramente vi erano degli uomini armati così come testimonia (seppur con qualche ritardo cronologico) lo Status Animarum degli inizi del XVIII quando tra gli abitanti della suddetta dimora principesca vengono menzionati una quindicina di soldati a protezione del principe Litterio Caracciolo. A cementare questa mia ipotesi non è solo la presenza di questo importante documento come lo Stato delle Anime ma anche del ruolo funzionale che il palazzo dei Caracciolo svolgeva: in esso infatti vi era anche la sede del carcere con un giudice che aveva il ruolo di governatore in assenza del principe; ed è impensabile che un carcere (forse con pochi detenuti di minore reato o rivoluzionari del 1647) e il palazzo stesso che doveva contenere mobilio di pregio e oggetti d'arte fosse lasciato incustodito. Alla testa della rivolta atinate vi furono certamente i maggiorenti della Terra, accompagnati dal popolo contadino e da coloro che avevano subito torti e soprusi. Nella relazione del Vicerè, il duca d'Arcos, del 1648 si legge: ''el pueblo rebelde desta Ciudad le ha saqueado todo el omenag de su casa.'' 
La risposta del principe non si fece attendere e riporto le parole del Cassandro:

''...sedate le cose del Regno, il feudatario, Giuseppe Caracciolo, si presentò ad Atena, alla testa di 400 soldati, e, malgrado venisse ricevuto con grandi onori dalla cittadinanza e giurasse in chiesa, dove si cantò un Te Deum, pace e amore ai suoi vassalli, inaugurò una sorta di terrore che durò 18 giorni. I soldati alloggiarono nelle case degli atenesi, e vi perpetrarono soprusi di ogni sorta: se ne commosse perfino il capitano di una compagnia a cavallo, il quale avrebbe esortato il principe a pagare di suo almeno il soldo ala truppa, e ne avrebbe avuto questa risposta: Lasciali morire et diss' honorare a questi ribelli cani. Quando, poi, un frate di Polla, un tale Ambrogio dei Minori Osservanti, mosso da pietà, gli si presentò in Atena a predicar pace, incorse in una sorte più grave che non quella toccata al manzoniano frate Cristoforo: giacchè, licenziato da quello con cattive parole, non giunse a Polla, prima di essere stato mazziato lungo la via per ordina del principe...''

Riporto questo passo per dimostrare il grave affronto che il popolo di Atena aveva riservato al principe Caracciolo e a chi nega il silenzio degli autori locali e non, riguardo ad una rivolta avvenuta in Atena in quell'agitata estate del 1647. Saccheggiare e devastare le proprietà del principe sono anche sinonimo di assalto, che con armata manu si impossessò dei beni di Giuseppe Caracciolo. Naturalmente le cose andarono ben diversamente da come molti credono o vogliono farci credere. L'aneddoto, dal titolo I mangiasignuri di Atena, forse potrebbe essere legato a questo triste capitolo della storia atinate. Dico ''forse'' perchè non ne abbiamo certezza ma sicuramente non è legato ad assurde e ipotetiche fantasie mitologiche, prive di qualsiasi fondamento e documentazione. Forse l'appellativo ''mangiasignuri'' ci è stato affibbiato proprio per la forza di saper tenere testa  ad alcune situazioni che hanno segnato il cammino della storia di Atena. Inoltre non sappiamo da chi sia stata imbastita il continuo della leggenda, intrisa a volte di aggiunte postume, che vuole l'uccisione del principe e il suo corpo mangiato dagli stessi carnefici. La storia non riporta questo curioso avvenimento e tanto meno le fonti citano un caso del genere. ''Della quale gloriosa impresa (riferita alla rivolta degli atenesi e alla ''conquista'' del palazzo principesco) ebbero poi a subire quei di Atena conseguenze, dati i tempi e il vivo sentimento religioso, assai gravi...''  - ci informa ancora il Cassandro - '' e quel che conforta ed è motivo di meditazione ancor oggi, è la tenace resistenza degli atenesi, la quale s'illumina di un valore morale, superante d'assai i piccoli interessi patrimoniali ch'erano in gioco.''
Successivamente cinquanta cittadini di Atena, capeggiati dal procuratore Giuseppe Cusati, si presentarono supplicanti al Vicerè, chiedendo salvaguardia e protezione dalle prepotenze del principe.
''Nè a me pare che la lotta fosse combattuta invano, dato che nella seconda metà del secolo XVII nelle pur numerose controversie, che il Sacro Consiglio fu ancora chiamato a decidere, non occorre più cenno ad analoghe imprese baronali. Atena aveva superato bravamente la sua tempesta: i rapporti, come che tesi tra l'università e feudatario, restarono o, per dir meglio, tornarono a muoversi sopra un terreno meramente patrimoniale; giacchè sarebbe grave errore di prospettiva, così per Atena, come per le restanti università del Regno, considerare regime normale la triste parentesi del governo di un Giuseppe Caracciolo.'' 
Credo, infine, che la storiella raccontata dai nostri avi, I mangiasignuri ri Atana, (seppur, ripeto, molto rimaneggiata nel tempo) abbia subito il riflesso di questi avvenimenti che ho ampiamente trattato, con tutte le fonti a disposizione e cercando di ricostruire le vicende di quella tormentata estate atinate del 1647. Il principe Caracciolo, possiamo starne ormai certi, non fu bollito e mangiato,  ma morì di peste circa dieci anno dopo questi fatti, quando il Regno di Napoli ne fu colpito. Inoltre, il termine ''mangiasignuri'' non è strettamente legato ad un reato di antropofagia ma bensì potrebbe essere tradotto in senso figurato o allegorico come ''tenere testa a qualcuno''. 
La vicenda non va complicata e imbastita con alcune astruse ipotesi mitologiche perchè  una leggenda ha quasi sempre un fondamento storico su cui aggrapparsi, a volte un po' romanzato,  ma pur sempre con qualche elemento storico da raccontare. 

Le fonti da me consultate: 

R. VILLARI. Mezzogiorno e contadini nell'età moderna, Bari 1977.
G. CASSANDRO, Storia di una terra del Mezzogiorno, Atena Lucana e i suoi statuti, Ed. la Bussola.
E. D'ALTO, Atena Antica, Laveglia editore.
L.MANDELLI, Lucania sconosciuta, Napoli 1745, vol II.
A.P.S.M.M (Archivio parrocchiale Santa Maria Maggiore, Carteggio vario)
A.C.B., 75, VII, 5: ''Parlamento in tempo di rivoluzione fatto dall'Università di Atena contro il Signor Principe''.







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